Organizzata da Federcaccia umbra e nazionale con l’ obiettivo: far conoscere le leggi che regolano l’uso e la detenzione di un’arma a scopo venatorio o sportivo
Perugia, 21 dic. 2024– Dal divieto di detenzione armi e munizioni al diniego o revoca del porto d’armi: questi i temi del convegno organizzato a Perugia da Federcaccia umbra in collaborazione con Federcaccia nazionale che ha individuato proprio il capoluogo umbro come tappa di partenza di un percorso che si svolgerà su tutto il territorio nazionale, volto a informare chi possiede armi per uso venatorio o sportivo sulle leggi che ne regolano la detenzione, l’eventuale perdita o la riacquisizione di tale diritto.
Un diritto non assoluto, bensì una concessione, un’eccezione al normale divieto di detenere armi, come più volte ribadito dai relatori presenti, Massimo Buconi, presidente di Federcaccia nazionale, Nazzareno Desideri, presidente Federcaccia umbra, Fabio Baldoni, viceprefetto capo di gabinetto della Provincia di Perugia, Dario Lemmi, comandante capo del Commissariato di Polizia di Città di Castello, gli avvocati Maurizio Lorenzini del Foro di Perugia che si occupa della difese in seno al procedimento amministrativo, e Andrea Campanile, del Foro Genova, dell’Ufficio studi giuridici di Federcaccia.
Tale diritto riguarda persone per le quali esista la perfetta e completa sicurezza circa il ‘buon uso’ delle armi stesse e non devono esistere dubbi o perplessità sotto il profilo dell’ordine pubblico e della tranquilla convivenza della collettività.
La detenzione e il porto d’armi presuppongono il rilascio di autorizzazione da parte dell’Autorità di pubblica sicurezza, la Questura o la Prefettura. Se le garanzie di affidabilità del soggetto vengono meno, e quindi si ravvisa un pericolo di abuso delle armi, il prefetto può vietare la detenzione.
Dai dati emersi durante la conferenza, la Prefettura di Perugia ha adottato 253 divieti di detenzione di armi nel 2024 (dato aggiornato al 20 dicembre), in aumento rispetto al 2023 (142 divieti) e al 2022 (152 divieti).
La discrezionalità con cui l’autorità di pubblica sicurezza ravvisa un pericolo di abuso delle armi o il venir meno delle garanzie di affidabilità di un soggetto, che porta quindi al divieto di detenzione armi e a catena, alla revoca del porto d’armi e della licenza di caccia, è quello su cui si dibatte nel mondo venatorio, “perché spesso i cacciatori vivono questi divieti come una vessazione – ha spiegato Buconi –.
È corretto che le amministrazioni facciano verifiche puntuali. Quello che noi chiediamo è definire meglio una certezza del diritto in modo che si riduca l’alea che non si sa mai se una cosa è o non è, sarà o non sarà, per essere poi anche noi più chiari con i cittadini e gli iscritti. La burocrazia viene percepita da un lato come una rottura di scatole che allunga i tempi ma dall’altro è una garanzia per tutti perché la concessione del porto d’armi è un atto di fiducia che i funzionari dello Stato fanno”.
“Non solo i cacciatori ma anche un semplice cittadino trova difficoltà nell’accettare alcune prassi e passaggi per avere la licenza di porto d’armi – ha confermato Desideri –, non conoscendo sostanzialmente la legge.
È per questo che abbiamo organizzato l’evento di oggi e invitiamo chi voglia ottenere ulteriori informazioni a contattare le nostre associazioni sul territorio. Attualmente i cacciatori, in Umbria sono circa 20mila, 12mila nella provincia di Perugia e 8mila nella provincia di Terni”.
A queste vanno aggiunti coloro che detengono armi per uso personale o sportivo. “Ottenere il porto d’armi e conservarlo presuppone un comportamento di vita irreprensibile – ha spiegato Lorenzini –, cioè sempre e comunque una piena affidabilità dell’uso e detenzione delle armi al fine di preservare l’incolumità pubblica e privata.
Questa affidabilità è molto facile perderla. Una semplice denuncia per una minaccia, una lite condominiale, una violazione di un’omessa custodia dell’arma, una denuncia dell’arma fuori dai tempi previsti per legge e tutte quelle fattispecie che inducono in un giudizio prognostico e con un’ampia discrezionalità che è lasciata all’amministrazione.
Quindi le armi vengono ritirate in via cautelativa e preventiva con un decreto del prefetto al quale si può fare ricorso giurisdizionale e gerarchico. La cosa più insidiosa è quando un soggetto che si è visto rinnovare la licenza di caccia per tanti anni se la vede revocare. Da circa dieci anni, infatti, c’è una circolare del ministero che indica al Questore che nel caso ci sia stata una condanna anche remota nel tempo, un patteggiamento o una denuncia o una querela ancora pendente, il titolo non venga rinnovato.
La mossa difensiva è quella di far capire che quel giudizio prognostico fatto allora non è più valido, nel senso che si è trattato di un episodio unico che non può far venir meno un comportamento irreprensibile per tanti anni. L’avvocato presenta così quella che viene chiamata ‘istanza di riesame in autotutela’. Si può procedere con un ricorso gerarchico: se è il questore che revoca la licenza di caccia si presenta ricorso al Prefetto, se è il Prefetto al Ministero dell’Interno o al Tribunale amministrativo regionale.
Però le azioni sono molto restrittive, dobbiamo essere onesti perché in questo campo c’è stata un’ampia discrezionalità da parte delle amministrazioni. La persona viene ritenuta inidonea a detenere un’arma, per esempio, se convive con una persona non ritenuta affidabile, se c’è un’accertata conflittualità familiare o di vicinato, per omessa custodia dell’arma e altre fattispecie.
Ultimamente il Consiglio di Stato ha definito la discrezionalità dell’amministrazione come ‘latamente discrezionale’ e questo offre più spazi per le impugnative. Come dico molte volte, ci vuole molto poco a vedersi ritirare i titoli e molto tempo per riprenderli”.
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