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Perugia, 19 feb. 2025 – Un pranzo che si trasforma in tragedia. Una semplice coppa di maiale, acquistata in un negozio di Umbertide, si rivela letale per una donna poco più che sessantenne.
La causa? La presenza del batterio Listeria monocytogenes in quantità superiori ai limiti consentiti. Ora la Procura di Perugia chiede il rinvio a giudizio per omicidio colposo del titolare dell’azienda produttrice dell’insaccato, con sede in provincia di Arezzo.
I fatti risalgono al 2024. La donna, già affetta da un’altra patologia, si sente male poco dopo aver consumato l’insaccato: forti dolori addominali, vomito e una corsa disperata all’ospedale di Città di Castello.
Qui i medici la ricoverano d’urgenza e tentano ogni possibile terapia. Ma il batterio si rivela implacabile: dopo settimane di agonia, la paziente muore.
Scatta immediatamente l’indagine epidemiologica della Usl 1, che analizza gli alimenti trovati nella casa della vittima. Il responso è inequivocabile: la Listeria è nella coppa di maiale. La segnalazione arriva alla Procura di Perugia, che affida ulteriori accertamenti ai Nas.
I carabinieri raccolgono prove, ascoltano i familiari, ricostruiscono la catena dei fatti. Nel frattempo, l’Istituto zooprofilattico di Perugia e due esperti, un medico legale e uno specialista in malattie batteriche, vengono incaricati di stabilire il nesso tra l’infezione e il decesso.
Le conclusioni dei periti sono chiare: “Il decesso della donna è da ricondurre a uno stato settico provocato da un’infezione da Listeria monocytogenes presente nella coppa di suino”.
Un verdetto che ha spinto la Procura a chiudere le indagini e a chiedere il rinvio a giudizio del produttore dell’insaccato.
Una vicenda drammatica che riaccende i riflettori sulla sicurezza alimentare e sulle responsabilità nella filiera produttiva. La giustizia ora farà il suo corso.
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