
Perugia, 27 mar. 2025– Diecimila lavoratori raggiunti, 2mila lavoratori coinvolti in workshop di prevenzione, 500 partecipanti attivi sulle piattaforme digitali nei percorsi dedicati, apertura di canali di dialogo, autoanalisi e consapevolezza collettiva ma anche realizzazione di siti web, webinar e video interviste.
Sono i numeri e risultati complessivi dei sei percorsi avviati a partire dal 2016 da Inca Cgil Umbria e Inail Umbria con l’obiettivo di progettare e realizzare modelli innovativi di prevenzione di rischi psicosociali in ambienti di lavoro, soprattutto in quelli legati alle professioni helper.
L’esito di questo intenso lavoro quasi decennale, realizzato con una rete di partner di cui hanno fatto parte Anci Umbria, Ancl Perugia, Confapi Perugia, Agci Umbria, è stato presentato nel capoluogo umbro martedì 25 marzo nella sede della Camera di Commercio dell’Umbria per cui è intervenuto il dirigente Mario Pera, durante il convegno ‘Lavoro e benessere: come prevenire e gestire lo stress e il burnout’.
All’incontro, moderato da Roberto Panico, coordinatore regionale di Inca Umbria, erano presenti Sara Palazzoli della presidenza di Inca nazionale, Alessandra Ligi, direttore regionale Inail Umbria, Maria Rita Paggio, segretaria generale di Cgil Umbria, Marco Pierini, vicesindaco di Perugia, Salvatore Macrì del Servizio Prevenzione, Sanità veterinaria e Sicurezza alimentare della Regione Umbria, il professor Pietro Bussotti dell’Università europea di Roma, e Valentina Nardi, consulente del lavoro e psicologa responsabile dei progetti per Inca Umbria. Presenti, inoltre, rappresentanti di Inail Puglia e Inail Lombardia con i quali Inail Umbria ha avviato una collaborazione.
“I progetti – ha dichiarato il direttore Ligi – sono nati in un momento in cui il problema emergeva ma non aveva raggiunto i livelli attuali post-pandemici di cui conosciamo ricadute sui livelli di stress negli ambiti lavorativi e sulla salute del lavoratore. Abbiamo sviluppato percorsi destinati al personale più esposto a questo tipo di rischio: gli addetti all’utenza, agli sportelli, coloro che si occupano di attività helper ovvero di cura della persona, quindi sanità, para-sanità e cooperative, per far comprendere i possibili margini di rischio e individuare soluzioni e strategie per contenere lo stress affinché non diventi pericoloso. I risultati sono stati soddisfacenti”.
“I progetti – ha sottolineato Nardi – hanno riguardato in particolare il rischio stress da lavoro correlato, il burnout e come questi diventano pratici nella gestione dei conflitti e delle emozioni. Abbiamo voluto incentrare la nostra prevenzione sui temi della relazione e lo abbiamo fatto con strumenti digitali. All’inizio il tema digitale era un po’ secondario mentre negli anni è diventato di primaria importanza. Con le nostre piattaforme web abbiamo erogato sensibilizzazione e accompagnamento, webinar con esperti ma soprattutto abbiamo fatto workshop ed esperienze interattive in cui i lavoratori hanno raccontato criticità e buone pratiche.
Questo ci ha permesso di creare spazi di supporto e dialogo che si sono rivelati i più grandi contenitori di prevenzione del rischio. Si parla poco di affettività organizzativa negli ambienti di lavoro mentre è un elemento molto importante che non è fatto di amicizia o affetto, ma da qualità come fiducia, sicurezza psicologica di potersi esprimere e poter raccontare i bisogni. Abbiamo capito che aprire spazi di dialogo, progettarli e renderli strutturati nel tempo è un elemento essenziale per creare qualità nelle relazioni, il più grande dispositivo di protezione dai rischi psicosociali”.
“Per Inca nazionale – ha aggiunto Palazzoli – è fondamentale partecipare a questi progetti per aggredire l’emersione di malattie dovute allo stress da lavoro correlato, che è esploso con il Covid ed è poco attenzionato e conosciuto. È una malattia professionale non ancora tabellata, quindi l’onere della prova spetta al lavoratore e noi come Inca mettiamo a disposizione i nostri medici per strutturare e costruire il percorso per arrivare alla corretta tutela di fronte a una malattia che riteniamo figlia dei nostri tempi e rispetto alla quale dobbiamo mettere in campo tutte le azioni a partire dalla formazione”.
Allargando il campo rispetto al benessere e alla sicurezza sui luoghi di lavoro si inserisce l’intervento della segretaria Paggio che ha ricordato “l’ennesimo morto sul lavoro a Orvieto sulla A1”. “Abbiamo bisogno di risposte concrete – ha concluso Maria Rita Paggio –, di dare alle persone la certezza che la sera tornino a casa.
Oggi questa certezza non c’è e abbiamo bisogno che tutte le istituzioni collaborino per raggiungere l’obiettivo della piena sicurezza dei luoghi di lavoro: sicuramente Inail, gli ispettorati del lavoro e tutti i soggetti istituzionali. Abbiamo chiesto unitariamente con Cisl e Uil alla Regione Umbria di attivare un tavolo su salute e sicurezza perché si mettano tutti i paletti necessari a garantire le migliori condizioni di sicurezza per chi vi opera”.
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