
di GILBERTO SCALABRINI
Sono già passati tre anni dall’inizio degli orrori in Ucraina. Da tre anni guardiamo in Tv le immagini di devastazione che hanno fatto centinaia di migliaia di morti. E adesso si profila una pace a peso di sacchi di grafite.
Anche oggi ho visto sul piccolo schermo una speciale categoria di uomini che affrontano quotidianamente la “battaglia” con in mano soltanto una manichetta d’acqua.
Non portano armi. Solo coraggio. Sono i Vigili del Fuoco che, ogni notte, si tuffano nel caos sapendo che potrebbe essere l’ultima volta.
Le loro giornate non iniziano mai davvero, e non finiscono mai del tutto. Prima ancora di salire sull’autobotte, infilano il giubbotto antiproiettile: è diventato parte della divisa. Poi partono, senza esitazioni, verso le fiamme, il fumo, le urla.
Attraversano città ferite, corrono tra le trincee di cemento, si infilano negli edifici sventrati. Dove gli altri fuggono, loro entrano. A mani nude, spesso, tra macerie e vetri rotti, tra grida e silenzi insopportabili.
Recuperano corpi. Alcuni respirano ancora, altri no. Trovano animali bruciati, impauriti, li stringono al petto come bambini. Ogni salvataggio è una corsa contro il tempo. Ogni intervento, un salto nel vuoto. Perché a volte, dopo il primo razzo, arriva il secondo. E loro lo sanno.
Quando scende la notte, è buio pesto. Nessuna luce, nessuna strada sicura. Solo il suono delle sirene e il battito del cuore. Durante il coprifuoco si muovono rapidi, invisibili. Se sotto le macerie ci sono persone, usano appena un filo d’acqua: troppo e rischiano di annegarle.
Non c’è spazio per la paura. Solo azione, istinto, umanità.
Ogni giorno è una scommessa. Una roulette russa che gira senza sosta. Ma loro vanno avanti. Sempre.
Non cercano medaglie, né titoli. Sono eroi silenziosi.
Ogni volta che lasciano una casa in fiamme, sperano solo che quella sia l’ultima. L’ultima corsa. L’ultimo incendio. L’ultima notte di guerra.
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