
Perugia, 12 marzo 2025 – Un drammatico episodio ha scosso il carcere di Capanne, a Perugia. Un detenuto tunisino di 56 anni, Sami Bettibi, ha perso la vita dopo aver appiccato un incendio nella sua cella. Secondo le prime ricostruzioni, l’uomo avrebbe dato fuoco a coperte e materasso, per poi barricarsi all’interno della stanza, in un gesto disperato che gli è stato fatale.
Gli agenti della polizia penitenziaria sono intervenuti tempestivamente, spegnendo le fiamme con un idrante. Tuttavia, quando Bettibi è stato estratto dalla cella, le sue condizioni erano critiche. Trasportato d’urgenza in ospedale, il detenuto è deceduto poco dopo.
Un’escalation di tensione
La tragedia si è consumata poche ore dopo che Bettibi era stato visitato in infermeria. Al rientro in cella, avrebbe messo in atto la protesta estrema, probabilmente in segno di disagio per il trasferimento da un reparto penale a uno circondariale.
La Procura della Repubblica di Perugia ha aperto un’inchiesta per chiarire con esattezza le dinamiche dell’accaduto. Nel frattempo, il corpo dell’uomo resta a disposizione della magistratura per ulteriori accertamenti.
Carcere sotto accusa: condizioni al limite
La vicenda ha riacceso i riflettori sulle condizioni critiche del carcere di Capanne, in particolare della Terza Sezione, dove si è verificato il tragico evento. Il Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria (SAPPE), per voce del segretario umbro Fabrizio Bonino, ha denunciato da tempo la carenza di strutture adeguate e il deterioramento delle condizioni di sicurezza.
“La Terza Sezione è in condizioni inaccettabili,” ha dichiarato Donato Capece, segretario generale del SAPPE. “I soffitti presentano infiltrazioni d’acqua, le pareti sono sporche e in alcune zone si trovano persino residui di escrementi lanciati dai detenuti. È impensabile che si continui a ignorare questa emergenza.”
Oltre ai problemi igienici e strutturali, il SAPPE ha sollevato preoccupazioni per il malfunzionamento dei cancelli automatici, che da tempo non operano correttamente. Questo rappresenta un serio rischio per la sicurezza dell’istituto, rallentando gli interventi in situazioni di emergenza come quella appena avvenuta.
Un sistema al collasso
Il giorno prima della tragedia, i rappresentanti del SAPPE avevano incontrato il Direttore Generale Beni e Servizi dell’Amministrazione Penitenziaria, Antonio Bianco, per discutere delle criticità del reparto circondariale di Capanne. Nonostante le segnalazioni e le richieste di interventi urgenti, la situazione è rimasta invariata, fino alla tragedia di Bettibi.
La morte del detenuto ha riacceso il dibattito sulle condizioni delle carceri italiane e sulla necessità di riforme immediate. Il SAPPE continua a sollecitare interventi concreti, mentre l’opinione pubblica e le istituzioni sono chiamate a dare risposte chiare. La domanda è una sola: quanto tempo ancora si dovrà attendere prima che il sistema penitenziario venga messo in condizione di garantire dignità e sicurezza a detenuti e personale?
L’episodio di Capanne è un monito drammatico: senza un’azione immediata, il rischio che simili tragedie si ripetano è troppo alto.
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